Carissimi lettori dell'Ovetto, visto che in questi giorni si è scatenata sui social network la bagarre sulla figura di Luigin Ghiglione, il Patron del Giro dell'Appennino, colui che ideò e creò dal nulla il Giro dell'Appennino nel lontanissimo 1934 ho chiesto al nipote di Luigin, Fulvio Rapetti, mio fraterno amico di inviarmi la biografia dell'indimenticabile nonno, in modo da poter mettere a disposizione di tutti la storia di questo grandissimo uomo. Tutto quello che leggerete su Luigin Ghiglione da qui in avanti, non è opera della mia mente, ma degli scritti di Fulvio Rapetti e della carissima figlia di Luigin, Osvalda, la mamma di Fulvio, che ebbi l'onore ed il piacere di conoscere a metà degli anni ottanta. Più di una volta fui ospite a pranzo in casa Ghiglione-Rapetti , con i deliziosi manicaretti preparati dalla signora Osvalda. Oltre al pranzo, c'erano i ricordi di un ciclismo che, ahimè non esiste più. Ho il rammarico di non aver mai scambiato due chiacchere con il mitico Luigin Ghiglione, al mio primo Giro dell'Appennino del 1983 lui aveva già passato il testimone. Forse lo incrociai in casa, ma non ricordo, in queste ore abbiamo cercato di ricostruire con Fulvio, il nipote, qualche passaggio ma entrambi non ci ricordiamo se ho incontrato il nonno o meno. Luigin Ghiglione - anno 1926La cosa che mi riempie di orgoglio è che l' amicizia con Fulvio dura da più di trent'anni, anche se la frequentazione non è assidua, visto che abito a Milano, per questo lo stesso Fulvio non ha esitato un secondo a mettermi a disposizione gli scritti ma soprattutto parte dell'enorme archivio fotografico raccolto dal 1934 sino agli anni ottanta. Grazie di cuore ai nipoti Fulvio e Maura Rapetti , al genero novantaduenne Fiorenzo per avermi concesso questo grande onore di pubblicare questa storia scritta nel 1986 , esattamente 30 anni fa. Fulvio, mi ha confessato che lui e mamma Osvalda impiegarono giorni ad elaborare il tutto, battendo i tasti della Olivetti Studio 46. Per questioni di motori di ricerca su google ho dovuto spesso ripetere la dizione "Luigin Ghiglione" per intero, non me ne vogliano i parenti di "Pistin " Mettetevi comodi, perchè la storia è molto lunga ma interessantissima, uno salto nel tempo agli inizi del secolo scorso.....1902 ! Buona lettura. Corridori e dirigenti dell’U.S. Pontedecimo alla prima gita sociale (1908); durante questa gite si effettuavano i “campionati sociali” delle varie categorie di sportLuigi Ghiglione nasce il 7 novembre 1902 a Pontedecimo (Genova). Ancora in tenera età, nel 1912, si dedica già, naturalmente con ottimi risultati, alla pratica della ginnastica nella prima squadra della Fulgor di Pontedecimo, categoria giovanile, partecipando a concorsi ginnici nazionali e internazionali, l’ultimo dei quali in occasione dell’Esposizione Mondiale di Genova del 1914. Ma comincia a farsi strada l’immensa passione ciclistica che ha contraddistinto la vita di Luigin Ghiglione: il 19 ottobre 1913 questo ragazzino di neanche 11 anni è aggrappato da ore alle corde di recinzione poste lungo la dirittura di arrivo in Piazza “Baracchin” (ora Piazza Arimondi) per applaudire il vincitore della “Coppa Luigi Borzino”, il campionissimo Girardengo. Di lui sarà grande tifoso per tutto il proseguimento della sua carriera agonistica. Alla fine della prima guerra mondiale entra a far parte dell’U.S. Pontedecimo; la sua tessera granata risale al 4 aprile 1919 porta il n° 4, per diventare, alla data della sua scomparsa il n° 1. Luigin Ghiglione , detto “Pistin”perché da bambino correva in pista come una freccia, dopo una breve apparizione come calciatore (ambidestro…!) nelle giovanili nel 1920, ricostruita la sezione ciclismo della società, passa a questa disciplina sportiva. Nella categoria “indipendenti” vince otto corse, tutte per distacco, nelle altre si piazza tra il 2° e il 5° posto. La mancanza di spunto finale limita il numero delle sue vittorie. Luigin Ghiglione, eccellente scalatore, era in grado di scalare il Passo dei Giovi dal dazio di Pontedecimo (posto dove attualmente è posizionato il semaforo in direzione nord dal capolinea degli autobus) in 25’ ed il Passo della Bocchetta da dove è tuttora cronometrata la prestazione dei corridori in uno strepitoso tempo di 27’! Ghiglione affrontava tale salita, tortuosa e non ancora asfaltata, con il 46:19… Ogni commento, soprattutto per chi è avvezzo a pedalare sulle nostre strade, è superfluo. La grinta e le doti di Luigi Ghiglione : vince per distacco la S. Quirico – Arquata - San Quirico nel 1924La sua “macchina” è una “Bianchi” da 13,5 kg, costata 1500 £, pignone da 16 e 18 da una parte, 17 e 19 dall’altra con 46 di moltiplica. Il lato da cui doveva essere montata la ruota era deciso a seconda delle caratteristiche della corsa: il cambio di rapporto avveniva scendendo al volo dietro la bicicletta e mollando i galletti di chiusura; si spostava poi la catena sul pignone più adatto e se ne determinava la tensione arretrando o avanzando la ruota. Oltre che per le doti si parla della sua grinta, diventata poi leggendaria in campo organizzativo: all’insegna del “o la va o la spacca” in corsa attacca sempre, fin dai primi chilometri e preferibilmente in salita, suo pane prediletto, con lo scopo di fiaccare i suoi avversari, riuscendoci. E che avversari! Pietro Fossati, Giulio Campastro (2° classificato nel 1° Circuito dell’Appennino del 1934), Milanesi (in fuga con lui fa un Giro di Tortona, partenza da Pontedecimo, a 33 km/h di media!), Luigi Giacobbe, poi plurivincitore di tappe in vari Giri d’Italia e piazzato in classifica finale tra il 2° ed il 5° posto. Quest’ultimo è uno dei pochi in grado di opporsi allo strapotere atletico di Binda. Costoro non hanno certo vita tranquilla con Luigin Ghiglione e spesso sono costretti ad osservarlo impotenti mentre va via in salita. Ciò nonostante sia limitato nell’allenamento dalla carenza di tempo: si allena dalle 4 alle 8 del mattino per poi presentarsi puntuale in falegnameria - mobilificio. I suoi avversari, già semiprofessionisti, spesso lo sorprendono a “tirare” di pialla anche il sabato pomeriggio e gli danno affettuosamente del “matto”, perché piallare è un lavoro muscolarmente impegnativo anche per le gambe.A dispetto di tutto ciò e malgrado rovinose cadute dovute oltre che al pessimo stato delle strade anche all’eccezionale irruenza agonistica, Luigin Ghiglione riesce spesso a prevalere o quantomeno a dare del filo da torcere a titolati e senz’altro meglio allenati avversari. Addirittura nel 1924 incontra in allenamento il suo idolo, il già grande Costante Girardengo “Gira” lungo la salita dei Giovi e nella testa gli balza subito l’idea di misurarsi con lui. Già pregusta il momento in cui potrà scatenare la consueta battaglia ma purtroppo l’occasione sfuma perché dopo meno di un chilometro di salita il campionissimo sosta a bere presso una fonte. Per non peccare di presunzione Luigin saluta e prosegue per la propria strada. Le … cure pre e post gara consistono in massaggi con olio canforato e salicilato di metile. La permanenza di sabbia e sassolini sotto la pelle lacerata, soprattutto dei gomiti, conseguente alle cadute viene risolta lasciando a bagno le braccia in un catino di acqua e calce… e funziona anche bene! L’alimentazione in gara è uno zabaione di 12 (!) uova preparato il mattino dalla mamma. L’abbigliamento è costituito da una maglia di lana a maniche lunghe (granata…) fatta dalla stessa mamma, che ben conoscendo il figlio lo … proteggeva a sua insaputa cucendo di nascosto nelle pieghe della maglia le medagliette della Madonna. Le maniche sono lunghe anche in estate: in salita si arrotolano, in discesa si tirano giù per proteggere le braccia dalle cadute sulla ghiaia. Anno 1926 Luigin Ghiglione in azioneL’atleta giunge a ricevere offerte da squadre extra regionali già organizzate a livello semi professionistico, ma non potendoselo permettere per motivi di lavoro è costretto a rifiutare. Durante questi anni di attività agonistica Luigin Ghiglione fa già parte del consiglio direttivo dell’U.S. Pontedecimo ed organizza gare ciclistiche di qualsiasi categoria. Nel 1927 si adopera con altri colleghi per il passaggio definitivo dei corridori “indipendenti” non federati (non è ancora obbligatoria la licenza della Federazione per correre) nelle file dell’Unione Velocipedistica Italiana. Nello stesso anno è chiamato a far parte del consiglio direttivo del comitato regionale dell’UVI. Il 22 aprile 1929, a carriera agonistica ormai conclusa, Luigin Ghiglione corona il suo sogno d’amore iniziato quattro anni prima e sposa Teresa, da lui affettuosamente chiamata Zita, da Teresita, con la zeta pronunciata alla genovese, che definirà poi, in un’intervista rilasciata nel 1983, “moglie meravigliosa che quando c’è la Domenica Sportiva si affretta a cambiare canale e che mi ha dato figli e nipoti meravigliosi”. Continua però a pedalare come si dice oggi da cicloturista e, se tutto va bene, la domenica è in sella. Ne sanno qualcosa i sui promettenti allievi che raccontano che all’età di trentacinque anni e non particolarmente allenato “straccia”, nel corso di un durissimo giro del Penice (250 km!) i giovani corridori che ancora oggi non hanno dimenticato quella lezione. E tutto questo senza allenamento … Questo episodio è stato raccontato da un suo buon corridore, amico dello scrivente, Enzo Chiocchetti, all’epoca diciassettenne. Durante la guerra l’attività ciclistica avrà una funzione di sopravvivenza: servirà come mezzo di trasporto utile a procurarsi il cibo, così difficile da reperire. Una domenica, a Busalla, con lo zaino carico di patate cade e si frattura il bacino; chiede un passaggio ad un carro trainato da cavalli e si fa portare a casa. Dopo quaranta giorni di letto, appena alzato, va a recuperare i resti dei partigiani trucidati a Passo Mezzano e alla Benedicta. Strage BenedictaDal 1933 Luigin Ghiglione è vice presidente dell’U.S. Pontedecimo e responsabile della sezione ciclismo (resa autonoma); dal 1934 al 1939 organizza corse giovanili popolarissime, oggi chiamate “leve”. Il sistema è semplice: si reclutano ragazzi in giovane età, federabili ma senza licenza, e ogni domenica in cinque eliminatorie si destinano i primi dieci alla finale. Si raggiunge così il numero di cinquanta nuovi tesserati che passano nelle file dell’UVI e vengono in questo modo avvicinati allo sport attivo. In sua memoria il 20 luglio 2003 l’U.S. Pontedecimo dà vita al primo “Giro delle Valli – Trofeo Luigi Ghiglione” riservato alla categoria allievi (15-16 anni), che oltre ad onorare la sua memoria contribuisce a promuovere ed incrementare quella attività giovanile a cui teneva tanto. La gara in seguito verrà denominata “Giro dell’Appennino dell’Avvenire” e sarà riservata alla categoria juniores, 17-18 anni. Per le grandi doti di sportivo e di competenza tecnica Luigin Ghiglione è più volte chiamato a far parte dei consigli direttivi dell’UVI e poi della FCI. Nel ’45 diventa presidente dell’U.S. Pontedecimo sezione ciclismo e poi, man mano che passa il tempo sempre più… Presidentissimo e Patron. Nel 1947 è tra i fondatori del gruppo nazionale ufficiali di gara (ANUG), facendo pure parte dello stesso consiglio regionale. 1934: Augusto Como vince il 1° Circuito dell’Appennino di 140 km a 32,068 km/h di mediaNonostante le innumerevoli corse di ogni categoria organizzate, sia di carattere promozionale, sia di carattere agonistico, il vero fiore all’occhiello, la sua creatura, è il Giro dell’Appennino, (all’origine denominato “Circuito dell’Appennino”): La nascita di questo gioiello è datata 16 settembre 1934 ed è dovuta alla volontà, alla capacità e alla grinta di Luigin Ghiglione , che partendo dal nulla è riuscito a creare una delle più grandi, belle e dure classiche del calendario internazionale. E tutto questo lo ha realizzato grazie alla … questua, come diceva lui, che passava di negozio in negozio, di ditta in ditta a racimolare soldi per la “nostra” corsa. Ogni appassionato a seconda delle proprie possibilità contribuisce alla realizzazione del “Giro”; lui stesso, non poche volte, mette mano al portafoglio per portare a compimento il cammino intrapreso. Circuito dell'Appennino 1935 : Zuppa lungo la terribile Salita delle Streghe sta per essere spinto da uno spettatore pietoso. Vincerà Augusto Como.Tutto ciò è vissuto nell’ideale di purezza dello sport, senza il benché minimo tornaconto personale. Questa classica, gara internazionale di prima categoria dagli anni ’50, ha ottenuto elogi fin dalla prima edizione sia da FCI (Federazione Ciclistica Italiana) e UCIP (Unione Ciclismo Italiano Professionistico), sia dalla stampa, specializzata e non. Ed è merito esclusivo del suo ideatore, che ha condotto sapientemente i suoi validi collaboratori, se questa corsa ha raggiunto i massimi livelli e lì si è mantenuta per decine di anni. Unico e solo condottiero, dall’alto della sua ammiraglia, indiscusso regista di fedeli collaboratori, di ciclisti, di tecnici, ha inserito il Giro dell’Appennino nell’empireo delle corse elette. Tutto questo grazie alla propria tempra, al proprio carattere, alla propria onestà. Elio Grosso ha appena staccato gli avversari e va a vincere la Pontedecimo - Bocchetta del 1936. Osservano con competenza Romualdo Parodi (Parodin) e Luigin Ghiglione (Pistin)Nessuno può certo dimenticare “Pistin” che salta in piedi, durante le assemblee e di fronte a chiunque batte i pugni sul tavolo con la grinta che lo contraddistingueva per difendere a spada tratta la sua creatura, con tanto ardore e tanta modestia ma senza paura di nessuno né timori reverenziali perché, come diceva lui, Genova è come Roma o Milano. Tutto questo, parole sue, ama farlo a carte scoperte e a fronte alta, per la sua amata società di dilettanti inserita in un mondo di professionisti navigati. Per questo comportamento sempre estremamente corretto e leale è rispettato, stimato e benvoluto in tutta Italia. Non ultima è la cura estrema dei dettagli. Chi scrive ricorda ad esempio, da ragazzino in compagnia del nonno Luigi, il controllo letteralmente palmo a palmo, con la scopa in auto, dei 254 km di percorso, ad analizzare anche la benché minima presenza di ghiaia nelle curve, pericolosa per un gruppo in gara, nonché dello stato dell’asfalto già analizzato a fondo e segnalato per tempo a tutti i comuni interessati alla gara così che potessero provvedere alla sistemazione ottimale. Pensate un po’ a tutto il resto … a che accuratezza organizzativa elevata! Primi anni ’50: Ghiglione, Zambrini (patron della Bianchi) e Torriani si confrontano sul prato dello Stadio della Nafta a GenovaAlla sua irruenza, non solo “pedalata”, talvolta un po’ ruvida ma sempre sincera e genuina si unisce un animo tenero e sensibile ben noto a familiari ed amici. Come sa sfoderare gli artigli per difendere il suo “Appennino”, a maggior ragione sa farlo per queste persone. Numerose primavere sono passate, ma solo come un soffio, sulla sua carta di identità, non nel fisico o nello spirito. Lo ricordiamo benissimo, già ottantenne, camminare a passo svelto per le vie di Milano o di Firenze per far sentire, eccome!, la propria voce a varie assemblee, a ritirare una Fronda d’oro a Chiavari in qualità di Promotore dello Sport, di corsa su per le scale del palco di premiazione o per le vie di Roma, a ritirare una Stella d’oro al merito sportivo. A fare questo i più stanchi eravamo proprio noi, al punto di sentirci chiedere da Luigin se volevamo sostare per riposarci. Noi, che potevamo essere figli o nipoti suoi, ad arrancare dietro, lui davanti a trottare come un puledro da corsa. Il Patron accoglie il “Leone delle Fiandre” Magni alla punzonatura dell’”Appennino” 1955.Questa vitalità gli ha permesso di fare grande nel tempo il “Giro dell’Appennino”, prova di campionato italiano assoluto di seconda categoria nel 1939, nel 1948 e nel 1951; negli anni 1952, 1955, 1957 è prova di campionato italiano professionisti in più prove; nel 1960, 1961, 1962, 1968, 1976, 1977 di campionato italiano a squadre; nel 1964 ultima prova di campionato italiano assoluto in tre prove; nel 1972 e nel 1989 prova unica di campionato italiano assoluto. L’ ”Appennino” è dunque una grande classica che ha consacrato e consacra solo grandi campioni: a conferma di ciò è sufficiente scorrere l’albo d’oro. Circuito dell'Appennino 1939 - Fausto Coppi primo sul Passo dei GioviDei campioni di ieri il più rappresentativo è senz’altro Fausto Coppi , il Campionissimo partente in quattro edizioni: 1938, 1939, 1952, 1955. Il “Circuito dell’Appennino” può vantarsi di aver tenuto a battesimo come federato nel 1938 un giovanissimo Coppi alla sua prima corsa ufficiale della FCI. Luigin Ghiglione racconta a tal proposito che Fausto gli chiese se avrebbe potuto correre l’”Appennino” la domenica dopo facendogli vedere la tessera di giovane fascista. Luigin rispose che quella non serviva ma che era necessaria la tessera dell’UVI. La domenica Ghiglione vede questo ragazzo seduto sul marciapiede che si mangia un panino e una mela che gli dice di essere venuto da Castellania in bici e di aver la tessera dell’UVI. Gareggia, fa una bella corsa facendo incetta di premi dando prova della sua classe in salita, ma lungo il Passo della Bocchetta, in località Baracche, il ciclocrossista Luigi Ferrando con grande abilità tecnica lo stacca andando a percorrere un viottolo in terra battuta a lato della strada, lasciando Coppi ad affondare nel ghiaino. Cede alla distanza sul Passo della Castagnola e viene superato anche da altri. Ricordiamo però che lui aveva nelle gambe già 180 km, gli altri 110 … Al traguardo sarà sesto e tornerà a casa in bici, totale 270 km … Nel 1939 giungerà terzo, sarà poi presente alla partenza anche nel 1952. 15 Settembre 1955 Fausto Coppi e Luigin Ghiglione alla Punzonatura del Circuito dell'AppenninoNel 1955, il sabato, alla punzonatura, Fausto Coppi, indispettito per essere stato raggiunto la domenica precedente al Giro di Romagna, secondo lui non si sa bene come, da Magni e Minardi e poi battuto in volata, chiede a Ghiglione un favore. Desidera che Luigin disponga tre motociclisti della stradale in questo modo: uno su Coppi stesso, uno su Magni ed uno su Minardi per controllare che la gara si svolga in modo regolare. Circuito dell'Appennino 1955 Fausto Coppi transita sulla BocchettaGhiglione garantisce e Coppi dà vita alla straordinaria prestazione nota a tutti. Il 16 settembre 1955, all’indomani del suo trentaseiesimo compleanno, l’airone spiega ancora una volta le ali lungo la “salita delle streghe” lasciando gli altri contemplare impotenti il suo allontanarsi inesorabile: vince e chiude a Pontedecimo il suo libro d’oro delle grandi classiche in linea. E’ anche l’ultima volta che la gara si corre col nome di “Circuito dell’Appennino”; dall’anno seguente si chiamerà “Giro dell’Appennino”. 16 settembre 1955 Fausto Coppi conclude la sua fatica ; la sua carriera è iniziata nel 1938 a Pontedecimo con la prima corsa, e qui vince la sua ultima grande classica.Ci sono campioni che hanno realizzato singolari imprese: Settimio Simonini vince due volte l’ ”Appennino” a dodici anni di distanza (1936 – 1948), Italo Zilioli dopo dieci anni (1963 – 1973), Francesco Moser centra il bersaglio nove anni dopo la prima volta (1976 -1985); nel 1986 è secondo alle spalle di un giovanissimo astro nascente, Gianni Bugno autore di una tripletta consecutiva (1986, 1987, 1988), bissando la prestazione di Michele Dancelli (1965, 1966, 1967). GdA 1976: Moser batte Battaglin dopo una grande corsa di entrambiPer venti anni, dal 1962 al 1982, la gara si svolge sul percorso classico e spettacolare di 254 km; questo permette a Giovanbattista Baronchelli e al “Giro dell’Appennino” di stabilire un record mondiale difficilmente eguagliabile: quello del numero di vittorie consecutive in una grande classica, svoltasi però sempre sullo stesso percorso. Baronchelli vince per sei volte consecutive, dal 1977 al 1982, anno in cui fu l’unico al mondo a resistere ad uno scatenato Bernard Hinault durante il durissimo mondiale di Sallanches: Hinault primo e Giovambattista secondo, dopo appena un minuto. GdA 1977: GB Baronchelli conquista la prima delle sue sei perle stabilendo il record della Bocchetta sul percorso classico di 254 km: 22’46”. A destra, Luigin sull’ammiraglia guidata dal fido ed abilissimo autista Silvano Borra, a sinistra Nello Faggi, motociclista e dirigente sempre presente.Su questo percorso classico è di Baronchelli pure il record di scalata della “salita delle streghe”, la mitica Bocchetta, tanto amata e difesa da “patron” Ghiglione. Il Tista scala gli 8 km e 250 m in 22’46”. I tempi ottenuti in tempi recenti da altri ottimi atleti, seppur inferiori, non sono paragonabili a questo record per un semplice motivo fisiologico: affrontando la Bocchetta dopo 160 km o dopo 200 si hanno riserve energetiche ridotte in maniera esponenziale, di conseguenza la potenza che si riesce ad erogare pedalando è minore. GdA 1981: Tris d’assi all’ultimo “Appennino” del Patron: Luigi Ghiglione, GB Baronchelli, Pieri Bassano.Ad un giovane Felice Gimondi, che sarà poi campione italiano assoluto nel 1972 a Pontedecimo, il passo della Bocchetta ricorda il Puy de Dome, però più dura. La media record della gara sul percorso classico di 254 km è di Gianni Motta, stabilita nel 1970 con 39,750 km/h. Giro dell'Appennino 1972: Gimondi, taglia il traguardo di Pontedecimo diventando campione italiano professionistiLa passione e la classe di Luigin Ghiglione non si esplicano solo come atleta e come organizzatore, ma anche come tecnico: dalla sua fucina escono campioni come Mario Aldo Rossi che conquista il tricolore di ciclocross nel 1955 a Sarlasco, è 3° l’anno successivo a Pontedecimo, è sei volte maglia azzurra e si classifica 4° ai mondiali del ’53 a Crenna; Sergio Ferrando, ottimo dilettante e poi professionista nella “Welter”; Elio Magnanego e Valerio Chiarlone. Questi atleti vengono soprannominati i quattro moschettieri dell’Unione Sportiva Pontedecimo perché come i protagonisti del romanzo agiscono spesso assieme, facendo tremare i partenti quando si presentano al via per fare incetta di vittorie e premi. La squadra ottiene anche il terzo posto, per pochi secondi, in un campionato italiano allievi a squadre (Coppa Adriana) a Desio nel 1949. Si contano inoltre moltissime vittorie in campo nazionale. La squadra si recava sul luogo di gara partendo a ore impossibili due, quattro di mattina…): il mezzo di trasporto, o meglio l’ammiraglia, era la “Balilla” di Luigin Ghiglione , acquistata di colore ovviamente granata, come la maglia della amata società. 1953: Mario Aldo Rossi, formidabile ciclocrossista e scalatore dell’U.S.Pontedecimo, durante una potente azione in gara.Nonostante Luigin sia di vecchia scuola conferma la sua mentalità estremamente aperta ed intellettualmente desiderosa di conoscenza: è sempre solerte, anche in tarda età, nell’informarsi e nell’accettare nuove metodologie di allenamento e medico sportive. E’ inoltre avido lettore di quotidiani di ogni tipo, sportivi e di cronaca. Colpisce anche la sua grande capacità di individuare i talenti delle persone e di intravedere il futuro: spesso sosteneva che la sua erede alla guida del “Giro dell’Appennino” avrebbe potuto essere la nipote Maura Rapetti : aveva visto giusto… dopo un po’ di anni questa ragazza diventa ancora giovane una apprezzatissima dirigente e poi direttore di importanti aziende. GdA 1974: Battaglin, futuro conquistatore di maglie premiato dalla nipote di Luigin, Maura Rapetti, da lui considerata la sua erede alla guida del Giro dell’Appennino.Tra i suoi nipoti però è Fulvio Rapetti quello che ha seguito le sue orme (e gli ha dato la soddisfazione di essere anche “in casa” maestro nel suo campo!) prima come ciclista buon scalatore, poi con il conseguimento della Laurea in Scienze Motorie e della Laurea Specialistica, ovviamente in Ciclismo. Personaggio di spicco per competenza nel campo del ciclismo nazionale, dopo varie pubblicazioni è stato Direttore del Centro di Avviamento al Ciclismo del Carlini, collaboratore tecnico di varie nazionali di ciclismo, responsabile dei corsi di direttore sportivo, collaboratore del Centro Studi della FCI nazionale, fondatore e responsabile del Centro Studi Regionale del Ciclismo. 1978: Luigin con gli amatori: eccolo festeggiare coi nipoti Roberto Ghiglione, Fulvio Rapetti vincitore della cronoscalata Voltri – Brigna con tempo record ed il genero Fiorenzo.In sessantotto anni di appartenenza all’Unione Sportiva Pontedecimo ed in settanquattro anni di attività sportiva ininterrotta non si può calcolare tutto ciò che Luigin Ghiglione ha dato allo sport, sempre con spirito dilettantistico e a costo di enorme fatica e sacrificio. Questo spirito ha influenzato anche lo svolgimento della “sua” gara: infatti mai ha concesso ingaggi, neppure ai campionissimi; per lui “correre qui è un onore ma fa paura a tanti” … Aiuta invece i corridori non accasati in modo adeguato includendo ricchi premi speciali da guadagnarsi durante la gara e di cui non si trova pari in altre corse, rendendo felice chi deve lottare per mantenersi in attività; il risultato è sempre stato di essere additato ad esempio. Infatti è lui stesso ad affermare che la gara si onora sul campo e va premiato colui che “fa” la corsa, fosse anche il più umile dei gregari. A questa logica di ferro e naturalmente alla sua tenacia nessuno può opporsi e tutti i più grandi campioni, nessuno escluso, passano ad onorare il “Giro dell’Appennino” e si consacrano sul traguardo di questa grande classica. Patron Luigin scorta alla premiazione Michele Dancelli, attaccante di razza, vincitore per la terza volta consecutiva dell’”Appennino”Il suo approccio è esposto chiaramente in un articolo di Giuseppe Castelnovi sulla Gazzetta dello Sport di sabato 3 agosto 1974: … “Il sottoscritto sono quaranta anni che organizza il giro dell’Appennino e in tanti anni non ha mai ceduto alla pressione di nessun corridore per quanto grande fosse. Mai una lira di sottobanco a nessuno. Cosa me ne faccio di avere, dietro compenso, un asso che magari si ritira ai piedi della Bocchetta o che corre senza ambizioni ma soltanto per giustificare l’ingaggio? Preferisco che se ne stia a casa, che vada pure a far soldi in circuito. Non lo denuncio. Lascio la più ampia libertà: è un modo di rispettare il professionista della bicicletta e al tempo stesso di fare rispettare noi organizzatori dilettanti”. L’edizione relativa a questa intervista vede schiudere le ali ad un giovane talento che vincerà fior di competizioni, Giovanni Battaglin. Questo ragazzo, rivelatosi scalatore di razza sulle aspre rampe della “Bocchetta” andrà a vestire nel 1979 la maglia a pois di miglior scalatore del Tour de France, una maglia rosa ed una gialla nelle classifiche finali di Giro d’Italia e Vuelta di Spagna nel 1981, aiutato in questo dall’eccellente scalatore di Busalla Alfonso Dalpian. Purtroppo Battaglin vedrà sfilare dalle sue spalle la maglia iridata a causa di una volata da pirati che lo vede scaraventato brutalmente a terra a pochi metri dal traguardo dei campionati mondiali di Valkenburg del 1979. GdA 1968: il vincitore Gianni Motta accompagnato da Ghiglione alla premiazione; si ripeterà nel 1970 per distacco con la strepitosa media record di 39,750 km/h sul percorso classico di 254 kmI molti anni di attività ad altissimo livello fanno meritare a Luigin Ghiglione l’appellativo di “Patron” del “Giro dell’Appennino”, degno solo dei migliori organizzatori; per lungo tempo e fino alla fine dell’attività fa parte del Comitato Direttivo dell’UCIP ed è uno dei promotori della ricostituzione dell’associazione degli organizzatori di corse ciclistiche professionistiche (AOCC). Luigin Ghiglione riveste pure la carica di vice presidente vicario del Panathlon di Genova ponente fino dalla fondazione ed è fiduciario provinciale del CONI. In questa veste si batte, come sempre con tutti i suoi mezzi, per il problema occupazionale che assilla i giovani insegnanti sfornati dall’ISEF genovese. Anche nella vita civile e non solo nello sport si espone in prima persona; durante il secondo conflitto mondiale Luigin Ghiglione, antifascista, è sulla lista di chi deve essere eliminato a causa della sua opera al servizio della resistenza. Il giovedì santo del 1944 i nazifascisti effettuano un rastrellamento e sterminano barbaramente numerosi partigiani alla Benedicta e a Passo Mezzano. Il lunedì di Pasqua Luigin, suo cugino Enrico Ghiglione ed altri si recano a raccogliere i corpi sui luoghi degli eccidi ed a proteggerli con dei sacchi. Ritornati a Pontedecimo Pistin costruisce le bare nel suo laboratorio e la domenica dopo ritorna con le stesse bare smontate e portate a spalla e a dorso di mulo con gli altri compaesani alla Benedicta e a Passo Mezzano. Lì giunti montano le bare, mettono nelle stesse i corpi e poi le interrano con precisi riferimenti (piantine e croci) per riconoscere gli uomini sepolti. Dopo alcuni mesi quelle bare vengono trasportate al cimitero di Gallaneto. Recupero Salme caduti BenedictaChi, suo malgrado, ha vissuto quegli anni sa cosa vuol dire: con tali azioni non si perde una gara ma la vita stessa… I nazisti, vista la sua professione, si rivolgono a lui per imporgli la costruzione di lampade a loro necessarie e lui ad ogni data di consegna prefissata dagli stessi nazisti continua a dire “non sono ancora pronte”… Questi comportamenti di aiuto ad una parte e di boicottaggio all’altra lo fanno inserire con la sua famiglia sulla lista di eliminazione; viene fatto avvisare di questo dal presidente dell’U.S. Pontedecimo, il gerarca Costante Montanella, ed è quindi costretto a rifugiarsi a Fraconalto con moglie e figli per sottrarre lui ed i suoi ad una prematura morte. Un aspetto che contraddistingueva Luigin Ghiglione era proprio questo: per lui la stima tra gli uomini doveva prescindere dal colore delle idee politiche. Tale evento è la dimostrazione pratica di quanto professato; tra il vice presidente, Ghiglione, ed il presidente, Montanella, le idee erano sicuramente diverse ma la stima tra i due era grande e reciproca e gli consentiva di perseguire interessi volti ad ottenere un bene comune per la popolazione sportiva.Tutto l’impegno profuso nello sport non gli ha certo impedito di essere papà e nonno esemplare, oltre che instancabile lavoratore. Partendo da un semplice capannone, Luigin Ghiglione dà vita ad una avviatissima ditta di mobili che gli frutta ambiti riconoscimenti dalla camera di commercio, quali l’Aquila d’oro e l’Aquila di Diamante, rispettivamente per quaranta e cinquanta anni di attività commerciale. In realtà gli anni sono molti di più: sessantuno. Marzo 1959: Adriano Rodoni, presidente FCI, Alfredo Binda, Commissario Tecnico e Luigi Ghiglione in piazza Pontedecimo discutono del prossimo Giro dell’Appennino, il XX. Sullo sfondo l’indicazione del mobilificio di Luigin.Si evidenzia un’altra caratteristica di Luigin Ghiglione: separa nettamente l’attività lavorativa da quella sportiva e rifiuta ogni forma di pubblicità del proprio mobilificio effettuata tramite il “Giro dell’Appennino”. Egli afferma che lo sport deve essere puro nel senso più pieno del termine e che quindi non deve trarre benefici economici da questa sua grande passione. E come suo solito mantiene la parola. Pochi in Italia al di fuori della cerchia di amici e conoscenti conoscono il lavoro di Luigin. Ma era proprio nel mobilificio che in realtà nasce la corsa, tra l’odore di segatura e di impregnanti del legno. Un noto giornalista scrive che si vedono “mischiati sulla più ordinata delle scrivanie in disordine, appunti e numeri telefonici di corridori e direttori sportivi con cataloghi di cucine”… Poi, in qualità di direttore di corsa conduce la gara dall’ammiraglia col cipiglio di un vero condottiero: lo ricordiamo in auto sempre in piedi con la sua “beretta in scia testa”, folulard al collo, bandiera in mano e a fine giornata di gara inevitabilmente rauco per aver dovuto tenere a bada chiunque tentasse di contravvenire alla sua conduzione di direttore di corsa ferrea ma nel contempo elastica ed ineccepibile. Ma il lavoro è tanto: l’organizzazione dell’ ”Appennino” successivo inizia il giorno dopo quello appena concluso e si protrae ogni giorno dell’anno. GdA 1976: Luigin, condottiero dell’”Appennino” su una delle tante ammiraglie.La sua schiettezza dà vita ad un divertente aneddoto: nel febbraio 1980, quando si reca al Quirinale per ricevere la Stella d’Oro al Merito sportivo, il maggior riconoscimento ottenibile e viene ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Quando il Presidente domanda “ma non c’è nessun ligure qui?” Luigin Ghiglione gli si rivolge in perfetto genovese dicendogli: “sciu prescidente ghe sun mi e ghe portu i saluti de Puntedescimu” (Signor presidente ci sono io e le porto i saluti di Pontedecimo). Pertini, pure lui, risponde e dialoga in dialetto, tra l’incomprensione dei presenti, provenienti da tutta Italia ed il divertimento dei nipoti di “Pistin” che il genovese lo capiscono. 1980: Luigin, ricevuto dopo la consegna della Stella d’Oro al Quirinale dal Presidente Pertini, duetta con lo stesso in dialetto genovese; assistono divertiti e senza capire alcunché Nebiolo, Gattai, Carraro.Nel 1981, pur reduce da un grave incidente, peraltro recuperato perfettamente grazie alla sua nota caparbietà, organizza il suo ultimo “Giro dell’Appennino”. Chiude in perfetta salute fisica e mentale, ancora sulla breccia e nel pieno delle forze, perché, come sostiene giustamente Luigin Ghiglione , bisogna sapere quando è il momento di ritirarsi: da vincitori e non trascinarsi pateticamente sul viale del tramonto. Anche in tale occasione riesce ad essere un uomo raro. Declina gentilmente l’offerta di collaboratori amati, grazie ai quali ha potuto realizzare molte elle sue opere, che gli offrono la carica di presidente onorario dell’Unione Sportiva Pontedecimo; tale carica, sostiene, è l’anticamera del camposanto, desiderare tornare come era all’inizio, un semplice socio. Lascia senza rimpianti: i rimpianti, parole sue, li hanno i vecchi e lui vecchio non se lo sente per niente: ha lavorato settanta anni e conta di farlo per tanti altri ancora. E’ vero, ha sempre il favoloso entusiasmo di un ragazzino, vecchi non lo sarà mai, neanche nel suo ultimo minuto di vita. Il 27 luglio 1981 alla festa del ritiro partecipano un mondo di persone, a partire dai massimi dirigenti della FCI nazionale con alte autorità, amici e collaboratori. I migliori letterati sportivi cantano le gesta di questo capitano che passa il timone ai soci che l’hanno seguito per tanti anni in tante avventure. 1981: Ghiglione alla festa del suo ritiro: assistono il sindaco Cerofolini, il presidente FCI Omini, il presidente dell’UCIP avv. Maisto, il segretario FCI MdS Di Rocco, il CT della nazionale Martini. Altri presenti al tavolo d’onore: il prof. Odaglia, presidente FMSI, il dott. Guglielmino, assessore allo sport, Bruno Raschi, grande giornalistaAlla data odierna non si può che essere grati all’impegno profuso quotidianamente a chi è succeduto a Luigin e agli attuali organizzatori sia per fare sì che la gara continui ad esistere sia per ricordare la storia di questa gloriosa corsa. Altrettanto non si può dire del Comune di Genova che non riesce a cogliere l’importanza che ha sempre avuto e che ha tuttora in campo internazionale il Giro dell’Appennino nè ha la lungimiranza di constatare che un investimento di supporto alla sua realizzazione porta con assoluta certezza un ritorno economico e di immagine per la città. Si può a ragione affermare che, come nel 1952 amministratori di alto profilo in collaborazione con l’U.S. Pontedecimo hanno per la prima volta fatto diventare il Giro dell’Appennino anche Gran premio Città di Genova entrando così nella storia, oggi nel 2016 altri amministratori entrano nella storia causando forse la morte di questa competizione. Grazie ad uno sconcertante ed inspiegabile abbandono da parte del Comune di Genova la gara perde la sua elevatissima valenza storica e tecnica, il Passo della Bocchetta è perso e potrebbe essere definitivamente compromesso il destino futuro del Giro dell’Appennino. Lo scrivente si chiede cosa direbbe Luigin Ghiglione, abituato a confrontarsi e a collaborare con politici di alto profilo come i sindaci Gelasio Adamoli, Vittorio Pertusio, Fulvio Cerofolini ed assessori che ben capivano l’importanza economica, di prestigio per la città e l’attività di puro e anonimo volontariato ancora ben presente nell’U.S. Pontedecimo 1980: Luigin Ghiglione, Commendatore della Repubblica per Meriti Sportivi nel 1981, riceve dal presidente del CONI Carraro la massima onorificenza, la Stella d’Oro al Merito Sportivo; osserva il segretario Gattai.Per le opere realizzate in campo sportivo, civile e commerciale Luigin Ghiglione ha ottenuto numerosi riconoscimenti:
- 1963 – Medaglia d’oro di benemerenza dell’Unione Nazionale Veterani dello sport, sezione “Emilio Lunghi” di Genova.
- 1964 – Nomina di Cavaliere della Repubblica Italiana.
- 1971 – Nomina di Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana.
- 1971 – E’ insignito della Fronda d’Oro dell’Azienda Autonoma di Soggiorno & Turismo di Chiavari.
- 1972 – Medaglia d’Oro di Riconoscenza della Federazione Ciclistica Italiana.
- 1974 – Stella d’Argento al Merito sportivo del CONI.
- 1975 – Decano dello sport, nomina del Panathlon Centrale di Genova.
- 1976 – Nomina di Gentiluomo dello sport assegnato dall’Associazione Giornalisti “Renato Tosatti” di Genova.
- 1977 – Distintivo d’Oro della Federazione Ciclistica Italiana.
- 1977 – Aquila d’Oro della Confederazione del Commercio di Roma, per aver operato nel commercio per oltre quaranta anni.
- 1979 – Stella d’Oro al Merito Sportivo del CONI Nazionale.
- 1980 – Premio di Riconoscenza del Presidente dell’UCIP Prof. Pasquale Maisto.
- 1981 – Nomina di Commendatore della Repubblica Italiana.
- 1981 – Consegna da parte del Sindaco di Genova sig. Fulvio Cerofolini del Sigillo della Antica Repubblica Genovese, atto del 1337, esemplare conservato negli archivi nazionali di Parigi.
- 1981 – Medaglia d’Oro della giunta regionale ligure del CONI.
- 1982 – Consegna da parte della Confcommercio – Fenacon dell’Aquila di Diamante – Maestro del Commercio per oltre cinquanta anni di attività commerciale (per l’esattezza sessantuno).
- 1983 – Trofeo “Il Ciclista”, dono dei Veterani Sportivi di Savona.
- 1983 – Targa d’Argento del Consiglio di Circoscrizione di Pontedecimo con la seguente motivazione: “Unitamente alle Autorità e alla cittadinanza esprime il ringraziamento per il costante impegno profuso a favore dello Sport e della Società Civile”
- GdA 1975: Luigin, condottiero dell’”Appennino” su una delle tante ammiraglie.